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Questo blog è l'espressione di creatività innovativa nel campo della difesa ambientale

"il tutto si crea e il tutto si trasmuta….la trasformazione è solo un'eccezione"

Ogni atomo ponderabile è differenziato da un fluido tenue, che riempie tutto lo spazio meramente con un moto rotatorio , proprio come fa un vortice di acqua in un lago calmo. Una volta che questo fluido – ovvero l’etere – viene messo in movimento, esso diventa grossolana materia. Non appena il suo movimento viene arrestato la sostanza primaria ritorna al suo stato normale...

Nikola Tesla


venerdì 24 ottobre 2014

SupraDetergenti

SupraDetergenti: la tecnologia Supramolecolare per detergenti biodegradabili e per detergenti ecosostenibili.

Il progetto Eco Nano Green è rivolto a sviluppare SupraDetergenti ( detergenti biodegradabili e detergenti ecosostenibili attraverso la tecnologia supramolecolare ) per rispondere a una crescente domanda di mercato, circa l’impiego, in ambito industriale e civile, di detergenti efficaci, totalmente naturali e facilmente biodegradabili, ossia ecosostenibili.
Attualmente, la maggior parte dei detergenti utilizzati a livello domestico e la quasi totalità dei detergenti utilizzati a livello industriali derivano da processi chimici di sintesi da materie prime non rinnovabili e quindi non ecostenibili.
Inoltre, circa il 20% dei detergenti domestici e addirittura il 60% dei detergenti industriali portano una etichetta di pericolosità: irritante, tossico, pericoloso, infiammabile e in alcuni casi sospetto cancerogeno.
Molti degli attuali preparati contengono solventi, in particolare quelli industriali ma anche molti domestici (acetone, cloro, trielina, solventi per vernici) che producono elevate quantità di VOC (Volatile Organic Compounds, Composti Organici Volatili), i quali rappresentano la maggior causa del moltiplicarsi di sintomatologie riconducibili all'assunzione di sostanze tossiche, tra cui asma e problemi respiratori, degenerazione cellulare, e persino alcuni tipi di tumori (acetone e cloro sono nelle tabelle di sospetti cancerogeni e mutageni da 40 anni).
La scienza oggi ha individuato una terminologia specifica riferita all’esposizione cronica a queste sostanze in ambienti chiusi, come case e uffici, nei quali le persone trascorrono la maggior parte del loro tempo: SDS, Sick Building Syndrom (Sindrome da edificio malato). Acetone, cloro e loro derivati vengono utilizzati quotidianamente: nell’acqua che beviamo c’è cloro, le donne tolgono lo smalto dalle unghie con l'acetone, le camicie in lavanderia vengono lavate a secco con la trielina...
Infine, i detergenti attualmente impiegati generalmente sono poco biodegradabili, circa il 30% di quelli domestici e più del 90% per quelli industriali. Questo fatto comporta la necessità di impianti di depurazione specifici o ancora peggio un inquinamento diffuso quando, come spesso accade, non vengono utilizzati adeguati sistemi di depurazione.
Per contenere queste rilevanti problematiche ambientali, da alcuni anni si stanno sviluppando detergenti naturali che siano completamente ecocompatibili, con bassa o nulla emissione di VOC e facilmente biodegradabili.
In questa linea di ricerca si inserisce il progetto ECO Nano Green, utilizzando oli ed estratti naturali da piante officinali.
Oggi la tecnologia permette di ottenere da questi materiali strutture molecolari variamente complesse dette supramolecole, in grado di raggiungere un livello di detergenza paragonabile o superiore ai prodotti convenzionali.
Una delle tecnologie innovative utilizzate per la raffinazione e il trattamento degli estratti naturali è la cavitazione: si tratta di un processo termo meccanico, non chimico, ottenuto da una violenta compressione ed espansione in un mezzo liquido o gassoso, generalmente con l’impiego di ultrasuoni, in grado di rompere e/o unire le strutture molecolari del materiale. Dosando l’energia del processo di cavitazione si possono controllare le tipologie di legami e si possono dunque creare strutture supramolecolari variamente complesse, ottimizzate per i diversi impieghi della detergenza domestica ed industriale.
Inoltre la tecnologia della cavitazione permette di additivare alle molecole dei composti nano strutturati, in grado di migliorare anche sensibilmente le caratteristiche di detergenza e di conferire particolari funzioni quali, ad esempio, la riduzione della carica batterica, l’effetto lucidante sulle superfici metalliche, l’effetto ammorbidente sui tessuti, la capacità ignifuga…
Si possono quindi ottenere prodotti ottimizzati per gli specifici impieghi, utilizzando prodotti completamente naturali, ecocompatibili e completamente esenti da VOC.
Si tratta di prodotti con elevata biodegradabilità: in sole 48 ore si degrada il 99% e in meno di 20 gg si ha la completa degradazione del prodotto.
Inoltre questi prodotti sono totalmente miscibili in acqua e possono avere un diverso grado di concentrazione per la vendita a Km Zero: 3 litri di prodotto concentrato equivalgono a più di 100 litri di detergente, rivendibile sfuso o per GAS (Gruppo di Acquisto Solidale).
Può essere venduto alla spina per incentivare il riuso del flacone, tappo ed etichetta.
Infine, va sottolineata la riduzione dell’impatto ambientale legata ai processi di produzione: la quasi assenza di raffinazione chimica, generalmente altamente inquinante ed energivora, permettono di ridurre anche sensibilmente la produzione dell’effetto serra e di ottenere una LCA (Life Cycle Assessement) particolarmente contenuta.

Per detergenti biodegradabili e detergenti ecosostenibili attraverso la tecnologia supramolecolare

In conclusione, bisogna constatare che i prodotti attualmente utilizzati per la detergenza sono tra i maggiori responsabili dell’inquinamento delle acque del nostro pianeta: indicativamente il 17% dell’inquinamento totale è legato ai detergenti per uso domestico e il 27% è legato ai detergenti per uso industriale. Ci si trova in una contraddizione fortissima, dove la pulizia della propria persona e dei locali in cui viviamo dovrebbe essere una importante conquista della società moderna e invece è diventata una delle cause maggiori dell’inquinamento globale: l’attuale produzione industriale dei prodotti chimici sta dimostrando i suoi pesanti limiti e lo sviluppo di nuovi prodotti ecosostenibili si palesa come un passaggio indispensabile per il futuro della nostra società.
Nuovi prodotti basati su sostanze naturali, hanno invece quantità di VOC tendenti allo zero, con ricadute positive in termini di: diminuzione delle malattie e conseguente risparmio sulle spese della sanità, aumento della produttività e del benessere generale con migliori performance professionali legate a una migliore condizione psicofisica, ecc..
Un altro obiettivo del Progetto è la realizzazione e l’impiego di preparati naturali per facilitare la Bio-remediation (biorecupero) che consiste nello stimolare le proprietà degradanti di microrganismi naturalmente presenti nell’ambiente (per es. funghi, batteri), realizzando una efficace decontaminazione di suoli inquinati, in particolare in caso di sversamento di idrocarburi.
Per l’uso civile, esistono ancora detergenti biodegradabili, ossia detergenti ecosostenibili, che realizzano anche una efficace politica etica di prodotto, ovvero:
- un bassissimo costo di produzione, con riduzione dell’energia elettrica e termica consumata pari al 70% (grazie a processi a cavitazione e mescolamento manuale);
- unico passaggio dal produttore all’utente finale, supportando l’ economia locale di territorio;
- impatto minimo sul trasporto, poiché il prodotto è ultra-concentrato.
Numerosi i vantaggi della scelta e produzione di detegenti EcoSostenibili:
possono definirsi equo-solidali, dacché ridistribuiscono la ricchezza nella filiera a favore del fornitore di materie prime (il contadino) e del venditore finale (il negoziante che distribuisce il prodotto alla spina), creando un’ economia di territorio, che migliora anch'essa la sostenibilità;
-  l’estensione dei benefici, ambientali ed economici, fino a 600 km dal luogo di produzione;
la ripetibilità del modello produttivo, perché il facile reperimento delle materie prime di origine vegetale lo rende impiantabile ovunque ci sia agricoltura;
il riutilizzo degli imballaggi con impatto minimo sia sulla produzione di rifiuti sia sui cicli di produzione
Se il mercato spostasse la sua propensione dall'utilizzo dei prodotti tradizionali all’impiego di prodotti ecosostenibili con tecnologia supramolecolare e con produzione da estratti vegetali e cavitazione (processo termo meccanico, non chimico), si potrebbe ridurre l'avanzare del famigerato effetto serra in un range (dipendente da molteplici fattori) da un 5% fino a un significativo 20%.
La differenza più sostanziale riguarda la natura dei possibili processi (solo eco, oppure ecosostenibile) relativamente ai materiali di partenza: in entrambi i casi, ad esempio, potremmo voler produrre materie plastiche, ma con la tecnologia eco potremmo servirci del petrolio (o genericamente di materie prime non rinnovabili); con la tecnologia ecosostenibile, invece, il processo potrebbe utilizzare solo materia prima rinnovabile (ad esempio, produzione di materie plastiche dal mais).
Studi (ancora embrionali, esperimenti di laboratorio) condotti dall’Università di Ferrara dimostrerebbero come alcune tossine siano immobilizzate e disgregate dopo il contatto con detergenti ecosostenibili. In particolare, taluni prodotti si sono dimostrati in grado di immobilizzare piccoli animali, per es. zanzare, come farebbe il piretro.
E’ ancora prematuro fare previsioni, ma le prospettive sono incoraggianti e inducono a ben sperare per positive evoluzioni future, anche in ambito medico e farmaceutico.

1 Settembre 2014
Alessandro Torretta
alessandro.torretta@nanotechsurface.com
pubblicato il 04 Settembre 2014
Autore
Alessandro Torretta
A.T. Marmo Service S.r.l. - Amministratore Unico
E-mail: alessandro.torretta@nanotechsurface.com
Città: Rho

mercoledì 18 giugno 2014

Sick Buiding Syndrome SBS


muffeSalnitri
Negli ambienti domestici o produttivi si nascondono moltissimi inquinanti nocivi per la salute. I sintomi sono conosciuti col nome SBS Sick Building Syndrome (sindrome dell’edificio malato).
La sindrome dell’edificio malato è stata riconosciuta come vera malattia dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) già dal 1983. Si ritiene che gli inquinanti dovuti al l’SBS si originino essenzialmente dall’esposizione acuta e prolungata a sostanze chimiche e biologiche quali:
- colle usate per tappezzerie e mobili
- toner di stampanti e fotocopiatrici
- prodotti spray, detersivi, disinfettanti e insetticidi (pentaclorofenolo)
- resine per pavimenti
- spore di funghi, muffe e lieviti provenienti da murature umide
- vernici da intonaco usate per decorare soffitti e pareti
Soprattutto in quest’ultima categoria si annidano anche i pericoli derivanti dai solventi e dai Composti Organici Volatili (VOC),  tra i quali, il più famigerato è la formaldeide (contenuta nelle colle), la quale può provocare pesanti effetti sulla salute tra cui alterazioni respiratorie gravi e disagi sensoriali. Altri Composti Organici Volatili sono: gli idrocarburi, le aldeidi, i clorurati, ecc.
Altre fonti di inquinamento domestico non meno pericolose sono: fumo di sigaretta (compreso il fumo passivo), smog proveniente dall’esterno apportato dai ricambi d’aria, scarsa manutenzione e pulizia degli impianti di condizionamento e di ventilazione, gli inquinanti sugli indumenti, la vicinanza a strade, zone industriali e siti produttivi.
Non va assolutamente sottovalutato l’inquinamento prodotto da batteri, muffe, funghi e lieviti, sui quali ci soffermeremo più avanti. Questi microrganismi possono essere a volte anche letali in quanto nascono, crescono e si sviluppano molto rapidamente, con meccanismi di riproduzione esponenziali.
L’alta volatilità delle spore (utilizzate per riprodursi) inspirate dal nostro organismo, unitamente al ristagno degli inquinanti persistenti per la scarsa circolazione d’aria negli ambienti (oggi sempre più sigillati per esigenze di risparmio energetico), possono produrre, anche in individui sani, sintomi di irritazioni delle mucose, lacrimazione, rinorrea, cefalee, difficoltà di concentrazione, capogiri, nausee, problemi respiratori, dermatiti allergiche, secchezze cutanee ed alterazioni dell’umore.
Per capire a fondo i meccanismi di formazione e proliferazione delle muffe vanno chiariti alcuni concetti responsabili della formazione della condensa.
Viene definita condensazione il fenomeno fisico per cui il vapor d’acqua passa dallo stato gassoso a quello liquido. La quantità di vapor d’acqua che l’aria può trattenere nel suo volume aumenta con l’aumentare della temperatura.
In condizioni climatiche caratterizzate da temperature esterne più basse di quelle interne, il vapor d’acqua tende a spostarsi dall’interno dell’edificio verso l’esterno, cioè a migrare attraverso gli elementi costruttivi. Non essendo quasi mai adeguata le capacità di smaltimento dell’umidità eccessiva, i supporti giungono a saturazione.
La condensazione quindi si produce per il repentino raffreddamento dell’aria, che giunge a saturazione, quando entra a contatto con una superficie fredda. La condensazione può essere superficiale o interstiziale.
La condensazione superficiale si manifesta in due modi:
- con uno strato bagnato quando incontra superfici impermeabili (metalli, marmo, gradini, pvc, ceramica, intonaci cementizi, vetro) ed è riconoscibile da visibili gocciolamenti.
- con uno strato macchiato quando incontra superfici assorbenti (gesso, cartongesso, intonaco di calce, laterizi) ed è riconoscibile per la formazione di vistose rosette (muffe e colonie batteriche).
Vanno anche distinti vari tipi di umidità
- Umidità da acqua piovana;
- Umidità da incremento della trasmittanza termica dei materiali;
- Umidità accidentale (perdite o essudazioni da impianti, coperture, canali di gronda, da rottura dell’impermeabilizzante, ecc.);
- Umidità ascendente (abitazioni al pianterreno);
- Umidità di controspinta (muri controterra);
- Umidità da falda freatica (sotto i pavimenti).
L’acqua piovana è dannosa soprattutto quando va a bagnare le superfici esterne degli edifici; se le murature non sono adeguatamente protette dalle penetrazioni da pioggia battente, questa può infiltrarsi facilmente attraverso la parete; magari non tanto da attraversarla nel suo intero spessore, ma una impregnazione superficiale di pochi mm è sufficientemente per provocarne un rapido raffreddamento.
Al pari del senso di disagio che si prova indossando un indumento umido, una muratura umida costituisce un importante fattore di dispersione energetica molto più consistente della stessa che è perfettamente asciutta.
Una muratura bagnata quindi equivale ad indossare un maglione umido. Quindi una muratura, se bagnata, conduce molto calore che disperde verso l’esterno (sprecando energiatermica).
L’alterazione del potere coibente dell’intero involucro abitativo, può influire sulla perdita di calore interno per più del 50% rispetto alla stessa muratura asciutta, in pratica è come se lo spessore la muratura si riducesse della metà!
A grandi linee, ogni incremento del contenuto umido nella muratura dell’ordine dell’1% peggiora l’isolamento termico del 5%.
Inoltre, il peggioramento dell’isolamento termico, determina più frequenti possibilità di condensazioni interstiziali e superficiali; le murature si inumidiscono sempre di più e reagiscono saturandosi più facilmente di acqua allo stato liquido.
I fenomeni condensativi, abbiamo detto, si originano quando si incontra aria calda carica di umidità con superfici fredde, come pareti perimetrali, soffitti, pavimenti e finestre non adeguatamente isolate. Questa, raffreddandosi velocemente, scarica tutto il contento di vapore acqueo sotto forma di goccioline (condensa).
L’alterazione dei valori di trasmittanza muraria può anche combinarsi con le umidità accidentali ottenute dalle attività umane:
- panni stesi ad asciugare
- piante ed animali
- attività quotidiane di pulizia domestica ed igiene personale
- sudorazione e respirazione
- vapori di cucina
- utilizzo dei servizi igienici
Tutti sanno che gli ambienti domestici in cui maggiormente si concentra il vapore acqueo sono il bagno, la cucina e tutti quei posti in cui si soggiorna continuativamente per molte ore (camere da letto).
La saturazione di acqua porta al formarsi di colonie batteriche, muffe, funghi e fuoriuscita di salnitri.
Le muffe sono la manifestazione macroscopica di migliaia di colonie di funghi dall’aspetto polverulento, che hanno colorazione variegata che può andare dal rosso al giallo, al verde, all’azzurro o, per le più comuni, al nero. Le colonie fungine si riproducono rapidamente attecchendo laddove sussistano tre condizioni essenziali:
- una sufficiente disponibilità di umidità (anche se a fasi alterne)
- cibo per alimentarsi
- scarsa ventilazione
Muffe e funghi prediligono sempre aree scarsamente ventilate e sono microrganismi che si riproducono con meccanismo sporigeno, ossia con rilascio di spore.
Inizialmente non visibili ad occhio nudo, la pericolosità delle muffe è dovuta al fatto che alcune di esse sono in grado di produrre sostanze tossiche per l’organismo umano, quali le micotossine è quindi pericoloso inalarne le spore, che sono causa frequente di disturbi respiratori e fenomeni allergici.
Queste spore, una volta giunte a maturazione, cercano di conquistare la maggior superficie disponibile e per questo vagano nell’aria fino a che non trovano delle superfici sufficientemente umide per proliferare.
Sono estremamente pericolose se inalate da soggetti con debolezze immunitarie (bambini, anziani, soggetti in terapia antibiotica) ma non è raro contrarre allergie acute anche da parte di soggetti sani.
Esse possono trovare facile e rapido attecchimento sia su superfici naturali (es. legno, pietra, il cemento o l’intonaco), che su quelle sintetiche come la plastica, il pvc, le resine addirittura i vetri.
Le comuni pitture, essendo a base organica, costituiscono un ottimo cibo per le muffe
Al di là di quelli che sono i metodi empirici di sanificazione e pulizia dei supporti domestici (disinfezioni con candeggina, raschiature superficiali, applicazioni di prodotti disinfettanti-sanificanti), il caso più consueto è quello di manutenzionare le pareti ammuffite con frequenti tinteggiature (nei casi più gravi anche una o due volte l’anno).
L’ignaro inquilino si continua ad affidare a soluzione di ripiego (spesso consigliate dal ferramenta, dal decoratore o dal tuttofare di turno), con trattamenti preliminari fatti di vari miscugli (chiamati additivi), ma il risultato è sempre lo stesso: la muffa e le macchie nere si ripresentano poco dopo o alla stagione successiva.
Le motivazioni sono quasi sempre le stesse: le comuni pitture antimuffa acriliche o viniliche non sono traspiranti e sono fabbricate quasi sempre a partire da una base organica. Ciò costituisce un valido nutrimento per le muffe e riducono la traspirazione muraria peggiorando ancor di più la situazione.
Infatti ad ogni tinteggiatura si va a stendere un ulteriore strato nutritivo sulla parete sulla quale la muffa attecchisce e banchetta ancor meglio di prima; essa trova alimentazione costante, quindi cresce, si sviluppa, si riproduce e…rilascia nuove spore.
Per completare il ciclo, le carcasse di queste muffe e funghi morti, vengono poi demolite dalla proliferazione batterica. Si assiste quindi all’aumento esponenziale della carica batterica presente nell’aria dell’ambiente domestico che contribuisce a peggiore ancor più uno status già compromesso (il classico odore di muffa, distinguibile come odore di chiuso o di cantina, ne è la più palese testimonianza).
A completamento del fenomeno queste muffe, una volta insediate in un ambiente, si ciberanno di tutto quanto vi sarà di organico in una normale abitazione: residui di cibo, grassi volatili, desquamazioni, fibre naturali (lana, cotone, pellame,…)  e non è raro assistere all’ammuffimento precoce dei cibi (anche se chiusi nei contenitori), del frigorifero, dei capi di abbigliamento comprese e non escluse borse, calzature, divani e tende.
Prima di ristrutturare un ambiente, pensateci bene.
Non continuate ad intrugliare con tempere, fissativi, antimuffa o sostanze chimiche di dubbia efficacia; bisogna sanificare per prima la muratura.
E’ il trattamento fondamentale che apporterà giovamenti durevoli per gli anni a venire senza dover ripere periodicamente interventi inutili e costosi che non faranno altro che peggiorare la situazione.

mercoledì 21 maggio 2014

Dalla natura lo sviluppo di una classe di molecole per la lotta contro i tumori


Vieri Fusi e Mirco Fanelli sono i ricercatori che hanno dato il nome al brevetto

Due studiosi di Urbino hanno individuato nel “maltolo”, una sostanza naturale contenuta nel malto, nella cicoria, nel cocco, nel caffè e in moltissimi altri prodotti naturali, la possibilità di utilizzarlo per lo sviluppo di una nuova classe di molecole con spiccata attività antineoplastica. La scoperta rappresenta un notevole avanzamento nella ricerca di nuove strategie terapeutiche contro il cancro tanto da avere ottenuto il brevetto nazionale, nell’attesa di quello internazionale.
Per la Legge sulle invenzioni e per la Convenzione sulla concessione di brevetti europei (CBE) tutti i brevetti che hanno per oggetto un composto chimico, devono possedere requisiti di novità, originalità ed industrialità.
Questo lavoro è il frutto di una sinergia multidisciplinare tra due gruppi di ricerca quelli del dott. Mirco Fanelli di estrazione prettamente biomedica e l’altro, del prof. Vieri Fusi, prettamente chimica, legati dal desiderio di esplorare e di progredire nei relativi bagagli scientifici e culturali.
Il prof. Vieri Fusi e il dott. Mirco Fanelli
Il gruppo di ricerca diretto dal dott. Mirco Fanelli, con sede a Fano presso il Centro di Biotecnologie, è impegnato da tempo negli studi del ruolo delle alterazioni epigenetiche nel sviluppo del cancro ed ha recentemente sviluppato una tecnica innovativa  denominata PAT-ChIP finalizzata allo studio dell’epigenoma direttamente nei campioni derivati dai pazienti e conservati in paraffina (FFPE).
Il gruppo del professore Vieri Fusi, si è da sempre occupato di riconoscimento molecolare, dello sviluppo sintetico di recettori e metallo-recettori e degli aspetti termodinamici che guidano il riconoscimento tra due specie chimiche.
Va sottolineato che, nonostante i progressi sia nel campo della diagnostica (sempre più precoce) che degli approcci chirurgico/terapeutici, il cancro è oggi una delle principali cause di morte nei paesi industrializzati. Molti traguardi sono stati raggiunti nell’ultimo ventennio nell’approccio a questa patologia e la ricerca scientifica ci ha dato la possibilità di sviluppare numerosi protocolli terapeutici che hanno visto sia ridurre la mortalità, per neoplasie prima considerate inguaribili, che di aumentare l’aspettativa di vita di molti pazienti.
Tuttavia, proprio per la sua straordinaria complessità, non è stata ancora sviluppata l’arma necessaria ad affrontare alcuni tipi di tumori particolarmente aggressivi e quei tumori che si sviluppano in seguito a trattamenti terapeutici (le cosiddette recidive).
«Negli ultimi anni – ci spiegano Vieri Fusi e Mirco Fanelli – la ricerca in campo oncologico sta affrontando l’intera problematica attraverso una doppia strategia: da un lato cerca di comprendere a fondo le peculiarità molecolari alla base della patologia stessa e, dall’altro, prova a sviluppare nuove molecole come potenziali farmaci (drug discovery). I due approcci non navigano necessariamente su due binari diversi ed è proprio con la scoperta dei meccanismi molecolari alterati nella cellula neoplastica che si gettano le basi per lo sviluppo di nuove molecole atte a correggere quelle alterazioni».
«La problematica – ci spiegano Mirco Fanelli e Vieri Fusi – va necessariamente affrontata seguendo un iter che porta, partendo dall’osservazione macroscopica del problema, all’analisi del processo molecolare sia dal punto di vista eziopatogenetico che nella realizzazione del potenziale farmaco e/o contromisure terapeutiche».
Ecco quindi nascere una sinergia che affronta il problema sotto questi aspetti.
Di cosa si tratta?
Vieri Fusi: Il maltolo “per se” è una molecola innocua, utilizzata talvolta come additivo alimentare per il suo aroma e le sue proprietà antiossidanti, ma – se opportunamente modificata – può dare origine a nuove molecole con interessanti proprietà biologiche. Due molecole rappresentative di questa classe di composti sono state al momento sintetizzate e caratterizzate nella loro capacità d’indurre alterazioni della cromatina e, quindi, di condurre le cellule a rispondere in termini biologici.
Questa classe di composti è caratterizzata da interessanti proprietà chimico/fisiche che li rende capaci sia di raggiungere l’interno della cellula che di esplicare le loro funzioni nel nucleo, dove risiede il nostro genoma (e dunque la cromatina).
Mirco Fanelli: Da subito abbiamo monitorato come alcuni modelli neoplastici (colture cellulari in vitro) fossero sensibili ai trattamenti con le due molecole (denominate malten e maltonis): le cellule, in risposta ai trattamenti, alterano dapprima la loro capacità di replicare e, successivamente, inducono un importante processo biologico che le conduce ad un vero e proprio suicidio (denominato morte cellulare programmata).
La cosa ancora più interessante è che la somministrazione delle due nuove molecole altera enormemente l’espressione genica in funzione di una risposta atta a eliminare quelle micro modificazioni che sia malten che maltonis sono capaci d’indurre all’interno della cellula.
Oltre che sul piano brevettuale, gli studi sino ad ora condotti, hanno avuto un buon successo scientifico e sono stati pubblicati su ottime riviste internazionali (British Journal of Cancer; Journal of Organic Chemistry), fornendo il presupposto per proseguire gli studi su modelli tumorali in vivo.
Vieri Fusi: Purtroppo non possiamo divulgare i dettagli di quest’ultimi, visto che sono ancora nella fase di sottomissione per la loro pubblicazione e coinvolgono anche altre strutture scientifiche. Possiamo però anticipare che questi composti sembrano essere tollerati in vivo (cosa non scontata) ed hanno dimostrato interessanti proprietà biologiche inducendo una sensibile riduzione della massa tumorale.
Come agiscono le nuove molecole?
Mirco Fanelli: Ritornando agli aspetti molecolari, queste nuove molecole sembrano agire attraverso dei meccanismi nuovi riconducibili a modificazioni strutturali della cromatina. Tale meccanismo di azione, ad oggi mai osservato in molecole ad azione antineoplastica, è alla base per un potenziale sviluppo di molecole che possano sfruttare strategie alternative con cui bersagliare le cellule tumorali. Insomma, speriamo di poter sviluppare nuove armi con cui aggredire il cancro con le quali poter migliorare le attuali cure soprattutto per quei tipi di tumore ad oggi sprovvisti di terapia o derivanti da una recidiva.
Gruppi di ricerca coinvolti dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo:
- Prof. Vieri Fusi – Laboratorio di Chimica Supramolecolare
- Dott. Mirco Fanelli – Laboratorio di Patologia Molecolare “PaoLa”
Dettaglio delle pubblicazioni:
- Synthesis, basicity, structural characterization, and biochemical properties of two [(3-hydroxy-4-pyron-2-yl)methyl]amine derivatives showing antineoplastic features. Amatori S, Ambrosi G, Fanelli M, Formica M, Fusi V, Giorgi L, Macedi E, Micheloni M, Paoli P, Pontellini R, Rossi P.
J Org Chem. 2012 Mar 2;77(5):2207-18. doi: 10.1021/jo202270j. Epub 2012 Feb 22.
- Malten, a new synthetic molecule showing in vitro antiproliferative activity against tumour cells and induction of complex DNA structural alterations.Amatori S, Bagaloni I, Macedi E, Formica M, Giorgi L, Fusi V, Fanelli M.
Br J Cancer. 2010 Jul 13;103(2):239-48. doi: 10.1038/sj.bjc.6605745. Epub 2010 Jun 22.
- Attestato di Brevetto per Invenzione Industriale – Ministero dello Sviluppo Economico – del 22.02.2012 (n° 0001392249) – Inventori: Fanelli-Fusi

lunedì 31 marzo 2014

Earth Hour

Lo scorso anno  aveva eravao all'inizio dell’anno europeo dedicato alla qualità dell’aria direttamente dalla Green Week 2013, il più grande appuntamento europeo relativamente alle tematiche ambientali organizzato dalla Commissione ambiente dell’Unione.
In quella occasione si sono spese parole immaginifiche e manifestate le più meravigliose buone intenzioni per migliorare la qualità dell’aria, posta come tema centrale per tutte le politiche ambientali dell’Unione, almeno tra il 2013 ed il 2020 (termine fissato dal Protocollo di Goteborg, che stabilisce proprio al 2020 il termine ultimo per la realizzazione degli obiettivi europei sulle emissioni di Co2 ed inquinanti).
Il Commissario Europeo all’ambiente Janez Potocnik in persona aveva sottolineeato la centralità dell’aria come punto di partenza fondamentale per il miglioramento e l’implementazione di tutte le politiche ambientali europee, in qualsiasi settore.
A quasi un anno dalla Green Week “Aria pulita per tutti” l’Europa, o meglio l’aria che respirano gli europei, è migliorata?

La domanda ce la siamo voluta porre non tanto per verve polemica, quanto piuttosto per entrare nel merito delle parole pronunciate quasi un anno fa dal Commissario Potocnik:
“Uno dei problemi maggiori è proprio legato all’informazione che viene data ai cittadini, sulla quantità di “notizie” legate all’ambiente ed alle sue problematiche, […] di come permeare il mondo dei social media per raggiungere il più ampio spettro di cittadini possibile.”
Il prezzo che i cittadini europei pagano per la scarsa qualità dell’aria è, in termini di vite umane, superiore alle vittime degli incidenti stradali: un dato a titolo esemplificativo, che però rende piuttosto evidente non solo l’importanza di intervenire in materia di riduzione degli inquinanti, ma anche e sopratutto l’esigenza di norme utili a flettere fino a spezzare la dipendenza dei cittadini europei dalle automobili, e delle società energetiche europee dalle energie fossili.
Il capitolo industriale non è tuttavia da sottovalutare: il dramma dell’Ilva di Taranto mostra lentamente le ripercussioni sulla qualità della vita (e purtroppo anche sulla qualità della morte) dei cittadini tarantini (fonte Istat):

Un grafico simile, se affiancato con un’altro che dimostra l’andamento demografico di Taranto (in declino da 10 anni), ci dimostra un dato inequivocabile: respirare aria pulita è uno dei diritti fondamentali dell’uomo.
Nell’ultimo anno l’Europa ha visto l’applicazione di una vera e propria stretta sulla qualità dell’aria, approvando in dicembre un pacchetto di politiche in materia di aria pulita che rappresenta un aggiornamento della legislazione esistente e riduce ulteriormente le emissioni nocive provenienti dall’industria, dal traffico, dagli impianti energetici e dall’agricoltura, proponendosi di limitarne l’impatto sulla salute umana e sull’ambiente:
“[…] l’inquinamento atmosferico continua a essere un ‘killer invisibile’ che impedisce a molte persone di vivere appieno una vita attiva. Le azioni che proponiamo consentiranno di dimezzare il numero di decessi prematuri dovuti all’inquinamento atmosferico, aumentare la protezione offerta ai gruppi vulnerabili (che ne hanno più bisogno) e migliorare la qualità di vita di tutti i cittadini europei.”
disse a dicembre il Commissario Potocnik annunciando il pacchetto di misure comunitarie, che si articola principalmente su tre elementi: un nuovo programma per l’aria pulita che permetta di accelerare il conseguimento degli obiettivi posti al 2030, la revisione della direttiva sui limiti nazionali di emissione e una proposta di una nuova direttiva intesa a ridurre l’inquinamento da impianti di combustione di medie dimensioni.
Tuttavia il rischio è che l’Europa cammini su due binari a velocità differenti: un binario “virtuoso”, costituito da top performer comunitari (spesso performance dovute alla bassa densità demografica, e quindi alla presenza di grandi aree verdi) e da altri paesi da black-list. Molti Stati membri dell’Ue infatti non si sono ancora conformati alle norme comunitarie sulla qualità dell’aria e, in generale, gli orientamenti sull’inquinamento atmosferico dell’Organizzazione mondiale della sanità delle Nazioni Unite non vengono osservati.
Altri paesi invece si sono uniformati alle leggi comunitarie sulle emissioni ma, fondamentalmente, seguono il principio “fatta la legge, trovato l’inganno”: esempio su tutti l’Italia, che ha recepito le normative comunitarie in materia di qualità dell’aria ma è incapace non solo di applicarle, ma anche di cominciare ad entrare nell’ottica di applicarle.
Basti pensare ai blocchi del traffico, alle targhe alterne, ai divieti più fantasiosi che limitano la circolazione nelle città italiane, attanagliate da un traffico pazzesco che è diretta derivazione anche di quei bellissimi “incentivi statali” garantiti fino all’altro giorno al mercato automotive, o di quelle deroghe concesse ai grandi impianti industriali sul territorio nazionale (anche qui viene in mente l’Ilva di Taranto, ma non solo).
A titolo esemplificativo, e per non citare sempre l’italiano inadempiente, buttiamo l’occhio alla città di Parigi, che recentemente somiglia più a Pechino (anche se il livello di inquinamento o molto, ma molto più bassi nella città francese che non in quella cinese). Restando nel Belpaese invece è emblematico il caso di Roma: in occasione del convegno “Roma chiama Europa” dell’Associazione Radicali Roma è stato infatti presentato il dossier “Indagine sulla qualità dell’aria di Roma” realizzato dai militanti dell’associazione Davide Ambrosini, Nicoletta Cartocci ed Angela Capuano.
Il dossier evidenzia in particolare il mancato rispetto della direttiva europea 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio del 2008 relativa alla “qualità dell’aria, ambiente e per un aria più pulita in Europa”: come dicevamo poc’anzi la normativa europea sia stata recepita grazie al decreto 155/2010, ma questo non ha impedito alla Capitale il superamento del benzene oltre il livello di 5 e il dramma del Pm10, che viene superato sia in valore assoluto limite 50 (sino a massimi di 70/72) sia in numero massimo di superamenti limite 35, sino a 40 volte l’anno.
Se a questo aggiungiamo la difficoltà per i cittadini di reperire i dati effettivi sui siti degli enti preposti ai controlli (su tutti l’Arpa Lazio), è chiaro come il “caso italiano”, anche in questo caso, sia un esempio da non seguire.

Perchè Earth Hour?


Earth Hour è, in questo senso, una giornata simbolo che l’Italia dovrebbe celebrare nei restanti 364 giorni dell’anno, superando quella tollerabilità dell’illegalità che è caratteristica delle deroghe alle leggi, dei commissari straordinari, della scarsa trasparenza degli enti pubblici (checchè ci chieda la Convenzione di Aarhus).
Fin troppo facile infatti “spegnere la luce per un’ora” all’anno quando poi si mantengono accesi 24/7 dei mega-server non collegati a nulla nei sotterranei dei palazzi di vecchi enti pubblici a Roma: l’Earth Hour non è la differenza ma la discriminante, non la svolta ma il pretesto, un pretesto che tutti dovrebbero adottare per migliorare la qualità della vita dell’intera società.
L’Europa, a saperlo, è in verità un alleato importante per noi cittadini e non solo il grande bastonatore quando c’è da parlare di conti pubblici, rigore e crescita: gli strumenti legislativi che i cittadini europei hanno per ricorrere a Strasburgo, accertata una violazione in materia ambientale, sono utili e funzionano. Lo dimostra la storia della discarica di Malagrotta, chiusa per ordine dell’Europa dopo anni di battaglie dei residenti, che hanno trovato in Strasburgo l’unico interlocutore attento ai loro problemi.

martedì 25 marzo 2014

Oms: inquinamento uccide 7 milioni di persone all’anno


L'inquinamento dell'aria, all'interno e all'esterno, è oggi il maggior rischio ambientale per la salute


L’inquinamento dell’aria ha provocato la morte di sette milioni di persone nel mondo nel 2012, un dato pari a un decesso su otto a livello mondiale e pari a piu’ del doppio delle precedenti stime. Lo rivela uno studio dell’Organizzazione mondiale della sanità pubblicato oggi a Ginevra (Oms). ”Non sono dati positivi. L’inquinamento dell’aria, all’interno e all’estero, è oggi il maggior rischio ambientale per la salute”, ha detto l’esperta dell’Oms Maria Neira, direttrice del dipartimento Salute pubblica, determinanti sociali e ambientali della salute.
Rispetto all’ultima stima del 2008 l’aumento è soprattutto dovuto a una nuova metodologia e alle nuove conoscenze del legame con alcune malattie, come le cardiopatie e gli ictus, e non a ”un’esposizione piu’ alta” all’inquinamento, ha spiegato alla stampa l’esperta Annette Pruss-Ustum. I nuovi dati mostrano infatti un legame particolarmente forte tra l’inquinamento dell’aria, negli ambienti chiusi e all’esterno, e le malattie cardiovascolari, gli ictus e le cardiopatie ischemiche da un lato, e tra l’inquinamento dell’aria e il cancro dall’altro.
Questi elementi si sommano al ruolo dell’inquinamento nello sviluppo delle patologie respiratorie. Le nuove stime indicano che l’inquinamento dell’aria interna nelle abitazioni con cucine a carbone, legno o a biomasse ha causato nel 2012 4,3 milioni di morti. L’inquinamento dell’aria all’esterno, dovuto a fonti urbane e rurali, è invece all’origine di 3,7 milioni di decessi. Poiché molte persone sono esposte sia all’inquinamento dell’aria interna che esterna, il totale non corrisponde alla somma ma è pari a circa 7 milioni. A livello regionale, le regioni a basso e medio reddito delle del Sud- Est asiatico e del Pacifico occidentale sono le piu’ colpite con un totale nel 2012 di 3,3 milioni di decessi prematuri legati all’inquinamento dell’aria negli ambienti interni e 2,6 milioni di decessi prematuri per l’inquinamento all’esterno. La pubblicazione di questi nuovi dati – ha sottolineato Maria Neira – è un primo passo sulla strada della prevenzione delle malattie connesse all’inquinamento dell’aria. Nel corso dell’anno, l’Oms prevede infatti di pubblicare linee direttrici sulla qualità dell’aria e un aggiornamento delle misure della qualità dell’aria per 1.600 città in tutte le regioni del mondo. Una lotta efficace contro l’inquinamento dell’aria permetterebbe di salvare ”milioni di vite”, sottolinea l’Oms. (ANSA)

mercoledì 19 marzo 2014

Chimica Supramolecolare


La Chimica Supramolecolare
 

La Chimica Supramolecolare è una delle aree di più rapido sviluppo 
e attualita della chimica, sia sperimentale che teorica.
 Le ragioni di tale interesse sono in parte legate al piacere estetico che offre
 questa disciplina, per il fascino dei motivi strutturali e delle proprietà 
che vi si incontrano, che traducono concetti quotidiani ad un livello molecolare. Naturalmente, al di sopra di ciò, sono le potenziali applicazioni nei più svariati campi che 
attraggono la maggiore attenzione.
La Chimica Supramolecolare è una disciplina di natura altamente interdisciplinare,
 che attrae non solo l'interesse dei chimici organici, inorganici, analitici etc. 
ma anche di biochimici, biologi, scienziati dell'ambiente, ingegneri, 
fisici dei materiali e teorici, persino matematici e altri svariati ricercatori.
I ricercatori supramolecolari sono in genere orientati ad ottenere obiettivi 
specifici, e, come tali, sono pronti a varcare i limiti delle loro tradizionali discipline.

Questa area può essere definita come la "chimica oltre le molecole", 
nel senso che la Chimica Supramolecolare, basata su legami non-covalenti 
si pone oltre la Chimica Molecolare, basata sul legame covalente. 
L'obiettivo è la costruzione razionale di strutture complesse organizzate 
per mezzo di interazioni deboli (forze elettrostatiche, legami idrogeno, 
interazioni di van der Waals, etc.e più recentemente anche legami
 dativi-coordinativi) e dotate di funzioni pre-ordinate
Si cerca di costruire e studiare sistemi di complessità crescente, costituiti da
 aggregati di un numero definito di molecole (supermolecole) o da sistemi 
polimolecolari organizzati o polimerici, tenuti insieme da interazioni 
deboli non-covalenti. Tali interazioni stanno anche alla base delle funzioni
altamente specifiche che hanno luogo nei sistemi biologici, quali riconoscimento 
molecolare, trasporto, catalisi, regolazione, etc.. Un obiettivo ambizioso è
di apprendere dai sistemi naturali e di applicare i principi ai sistemi artificiali.

Il campo articolato della Chimica Supramolecolare si va diversificando in 
diversi settori di ricerca quali, ad esempio, chimica dei macrocicli e loro applicazioni, riconoscimento molecolare, catalisi supramolecolare, nanochimica, chimica dei catenani e rotaxani, dendrimeri, etc.. Alcuni esempi notevoli di sistemi supramolecolari sono sotto illustrati.






Una parte interessante della chimica supramolecolare riguarda il 
comportamento host-guest di materiali  inorganici come  le zeoliti. 
All'interno delle  gabbie zeolitiche possono essere ospitate molecole di 
varia natura e possono avvenire reazioni intracavità.
Vengono utilizzate in catalisi e per la selezione molecolare 
particolarmente dalla industria petrolchimica. 

La linea costruttiva di molti sistemi supramolecolari è basata su principi di
 "self-assembly", nell'ambito delle linee guida di quella che è definita la  
"crystal engineering". Oltre a sistemi a base organica che possiamo 
considerare al giorno d'oggi tadizionali, da una decina di anni si è sviluppata
un'area in vivace espansione che possiamo qualificare come chimica
supramolecolare inorganica o di coordinazione
Questa mira alla preparazione e all'utilizzo di architetture finite o di reticoli
 infiniti basati sulle proprietà coordinative di centri metallici
Sistemi complessi quali macrocicli, gabbie e poliedri contenenti nodi 
di coordinazione si stanno sviluppando sempre più numerosi. 
Alcuni esempi di architetture finite sono illustrati di seguito.








La costruzione di network di coordinazione mediante la 'crystal engineering' 
ha prodotto molti esempi interessanti con diverse topologie e contenenti 
spesso grandi cavità intersiziali.











I nodi metallici hanno diverse funzioni: da un lato consentono di utilizzare le nozioni sviluppate in chimica di coordinazione per orientare le strutture e le topologie delle supermolecole e dei networks, dall'altro introducono in tali sistemi proprietà legate alle caratteristiche elettroniche e magnetiche dei metalli impiegati. La costruzione di nuovi materiali host di tipo zeolite-mimetico, con nodi metallici e leganti organici come spaziatori (definiti MOF o Metal-Organic Frameworks), apre lo spazio ad una ricca varietà di potenziali applicazioni.
Bibliografia
  • Supramolecular Chemistry: Concepts and Perspectives, J.-M. Lehn, VCH Ed., Weinheim, 1995.
  • Supramolecular Chemistry, J. W. Steed, J. L. Atwood, Wiley & Sons, 2000.
  • Priciples and Methods in Supramolecular Chemistry, H.-J. Schneider, A. Yatsimirsky, Wiley & Sons, 2000.
  • Aspects de la Chimie des Composes Macrocycliques. B. Dietrich, P. Viout, J.-M. Lehn, InterEdition/Editions du CNRS, Paris, 1991.
  • Comprehensive Supramolecular Chemistry. Executive editors Jerry L. Atwood...[et al.] ; chairman of the editorial board Jean Marie Lehn. - [Oxford] : Pergamon, 1996. - 11 v.
  • Calixarenes Revisited. C.D. Gutsche, J.F. Stoddart Ed., Royal Society of Chemistry, Cambridge, 1998.
  • Container molecules and their guests. D.J. Cram and J.M. Cram. - London : Royal Society of Chemistry, 1994.
  • Crown ethers and cryptands. G.W. Gokel. - London : Royal Society of Chemistry, 1991.
  • Cyclophanes. F. Diederich. - London : Royal Society of Chemistry, 1991.
  • Macchine Molecolari Azionate dalla Luce, V. Balzani e A. Credi, Le Scienze, n. 364, 1988, p. 76.
  • Supramolecolar Chemistry: An Introduction. F. Vogtle, Wiley, 1993.

sabato 19 ottobre 2013

Lo smog è cancerogeno








 e per l'OMS è l'aria esterna inquinata la causa delle malattie

 

Lo smog è cancerogeno e sebbene molti studi lo avessero già anticipato, arriva oggi la conferma dall'OMS che lo inserisce nella lista delle sostanze più pericolose


Lo smog è cancerogeno e per l'OMS è l'aria esterna inquinata la causa delle malattie

Con un comunicato la IARC, International Agency for Research on Cancer dell’OMS, annuncia che sì è proprio come molti studi avevano anticipato: lo smog è cancerogeno inserendolo tra le sostanze pericolose di classe 1,la più elevata e pericolosa.
La IARC spiega che proprio l’aria inquinata è l’elemento cancerogeno più diffuso come sottolinea Kurt Straif Direttore della Sezione Monografie IARC:
L’aria che respiriamo è inquinata da una miscela di sostanze che provocano il cancro. Ora sappiamo che l’inquinamento dell’aria esterna non è solo un importante rischio per la salute in generale, ma anche una causa ambientale di decessi per cancro.



Il programma Monografie IARC , soprannominato l’enciclopedia degli agenti cancerogeni , fornisce un autorevole
fonte di prove scientifiche sulle esposizioni a sostanze che provocano il cancro. In passato il Programma ha
valutato molte singole sostanze chimiche e miscele specifiche verificando l’ inquinamento dell’aria all’aperto. Tra gli agenti inquinanti troviamo gli ascarichi dei motori diesel, solventi, metalli e le polveri sottili. Ma questa è la prima volta che gli esperti hanno classificato l’aria esterna inquinata come causa del cancro.

Spiega Dr Dana Loomis Vice direttore della Sezione monografie:
Il nostro compito è stato quello di valutare nel complesso l’aria che si respira piuttosto che concentrarsi su specifici inquinanti atmosferici. I risultati degli studi esaminati sottolineano una stessa direzione: il rischio di sviluppare il cancro ai polmoni è significativamente aumentata nelle persone esposte all’aria inquinata.
L’ISPRA qualche giorno fa ha presentato IX Rapporto ISPRA sulla Qualità dell’Ambiente Urbano, dove è emerso che sebbene in generale si assista a un miglioramento della qualità dell’aria questa resta decisamente inquinata all’interno delle città. Il rapporto ha preso in analisi 60 comuni italiani per cui si continuano a registrare sforamenti dei valore limite di Pm10 e biossido di azoto nelle grandi città del centro-nord, in Campania e in Sicilia. L’ozono resta un elemento che causa inquinamento in maniera capillare in tutte le città. Le città più inquinate da Pm10 sono state nel 2010: Roma, Taranto, Milano, Napoli e Torino.

 Scritto da: Marina Perotta -
  
The Health Effects Institute    http://www.healtheffects.org/  

Studio Universitario su dati di Milano Italy


La classifica delle città più inquinate in Italia fonte OMS

 http://www.who.int/gho/phe/outdoor_air_pollution/exposure/en/index.html






La città più inquinata d’Europa? È Pernik, in Bulgaria

Quattro delle cinque città più inquinate d’Europa sono in Bulgaria. Alti tassi di inquinamento atmosferico anche in Polonia ed Estonia


La città più inquinata d’Europa? È Pernik, in Bulgaria
Il 90% dei cittadini europei è esposto agli agenti inquinanti atmosferici più nocivi al mondo ed è la Bulgaria a registrare il più alto tasso di inquinamento dell’aria dell’Unione Europea secondo il rapporto annuale dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (AEE).
Nonostante la diminuzione delle emissioni inquinanti negli ultimi decenni, la situazione rimane allarmante: sia l’esposizione al particolato fine (PM2.5) che quella ad alti livelli di ozono rimangono molto elevate.
La qualità dell’aria è una delle principali preoccupazioni di molti cittadini. Le inchieste rivelano che la grande maggiornaza degli europei ha perfettamente coscienza dell’impatto della qualità dell’aria sulla salute e reclama dalle autorità pubbliche che esse agiscano a livello europeo, nazionale e locale, anche in periodo di austerità e crisi. Io sono pronto a rispondere a queste preoccupazioni attraverso l’imminente revisione della politica della qualità dell’aria della Commissione,
ha dichiarato Janez Potočnik, di fronte ai dati che evidenziano come fra il 2009 e il 2011 il 96% dei cittadini europei sia stato esposto a alti livelli di particolato fine e il 98% esposto a livelli di ozono superiori ai margini di sicurezza indicati dall’Oms.
Il rapporto AEE ha esaminato la qualità dell’aria di 38 paesi “eleggendo” la Bulgaria come Paese più inquinato del mondo: 4 delle 5 città con i maggiori livelli di particolato fine sono in Bulgaria e la poco invidiabile palma di città più inquinata d’Europa spetta a Pernik, situata a sud est di Sofia. A titolo di paragone basti pensare che se la cittadina sfora le concentrazioni di particolato fine la metà dei giorni dell’anno, Parigi e Stoccarda sforano all’incirca 15 giorni nello stesso periodo di tempo.
Fra i Paesi più inquinati ci sono Polonia e l’Estonia, laddove le maggiori fonti di energia derivano dal carbone i dati sono inequivocabili, con tutte le conseguenze che ciò comporta sulla salute pubblica.

 Scritto da: Davide Mazzocco

venerdì 31 maggio 2013

Pietre Semipreziose

APATITE - APATITE


Scheda scientifica APATITE - APATITE

Ca5(PO4)3(OH,F,Cl)

CLASSE MINERALOGICA: fosfato
GRUPPO:
dimetrico
SISTEMA:
esagonale
ABITO:
tabulare o prismatica
DUREZZA:
5
PESO SPECIFICO:
3,1 - 3,35
INDICE DI RIFRAZIONE:
ε=(1,624-1,666) ω=(1,629-1,667) δ=(0,001-0,007)
COLORE:
verde, bianco, giallo, blu, bruno, nero
LUCENTEZZA:
da vetrosa a resinosa
TRASPARENZA:
da trasparente a opaca
SFALDATURA:
poco evidente
STRISCIO:
bianco
FRATTURA:
concoide
GENESI:
le apatiti sono i fosfati più rappresentativi. Sono presenti come accessori in molte rocce magmatiche. Ma la maggior quantità di esse si formano in ambiete sedimentario.
PLEOCROISMO:
da debole a moderato, variamente colorato
FLUORESCENZA:
alta
GIACIMENTI:
formano importanti depositi minerali di sali di Fosforo. Cristalli ben formati per essere tagliati come gemme si rinvengono in: Brasile, Burma, Messico, Canada, Repubblica Ceca, Slovacchia, Germania, India, Madagascar, Mozambico, Norvegia, Sud Africa, Spagna, Sri Lanka, e Stati Uniti..
CENNI STORICI:
era un basilare componente per la costruzione dei tubi catodici con sistemi di fluorescenza al fosforo, ormai quasi in disuso.
ALTRE CARATTERISTICHE ED UTILIZZO:
è altamente fluorescente. E' spesso usata come pietra preziosa, tagliata a cabochon. Possono contenere significanti quantità di Terre Rare, e i depositi di apatiti con tali caratteristiche possono essere sfruttate per estrarre questi elementi rari e preziosi. COMMENTO: le apatiti fanno parte di un'importante famiglia di minerali. Se ne distinguono tre tipi principali, in base alla formula chimica che le compone; Idroapatite (OH), Fluoroapatite (F) e Cloroapatite (Cl).



RUTILO - RUTILE



Scheda scientifica RUTILO - RUTILE

TiO2

CLASSE MINERALOGICA: ossido
GRUPPO:
dimetrico
SISTEMA:
tetragonale (gruppo spaziale: P42/mnm)
ABITO:
prismatico allungato (spesso in geminati) con le facce molto striate; comuni le forme aciculari o filamentose, incluse nel cristallo di rocca (dette sagenite); qualche volta si trova in forma massiccia o in grani isolati
DUREZZA:
6
PESO SPECIFICO:
4,3
INDICE DI RIFRAZIONE:
nw=2,62; ne=2,90 (birifrangente)
COLORE:
nero (varietà nigrina), bruno-rossastro nei cristalli più grandi; varie tonalità di giallo nei cristalli più sottili e come inclusione. Senza impurezze il rutilo sarebbe incolore
LUCENTEZZA:
da adamantina a submetallica
TRASPARENZA:
traslucido (raramente trasparente) nei cristalli più sottili, opaco nei più grandi
SFALDATURA:
distinta secondo le due direzioni del prisma, abbastanza distinta lungo la direzione basale
STRISCIO:
polvere dal bruno chiaro al giallastro, dal grigio nero al verde nero
FRATTURA:
da concoide ad irregolare
GENESI:
si forma principalmente negli ambienti metamorfici e pegmatitici, è abbondante negli scisti cristallini, nelle sieniti, dioriti, in filoni quarziferi, gneiss e micascisti; è possibile trovare rutilo anche in depositi alluvionali
PLEOCROISMO:
intenso in tonalità diverse del colore naturale
GIACIMENTI:
Minas Gerais (Brasile), Arkansas (USA),varie località africane; in Europa è molto diffuso sulle Alpi, Norvegia e Russia (Urali)
CENNI STORICI:
il nome deriva dal latino rutilus, rosseggiante e fu proposto nel 1820 dal mineralogista Werner. Fino al 1795, quando Klaproth ne scoprì la composizione, veniva confuso con la tormalina; nell'antichità con questi aghetti filiformi si facevano collane ed anelli che venivano chiamati "capelli di Venere" o "frecce d'amore". Dal 1942 è iniziata la produzione di rutilo sintetico
ALTRE CARATTERISTICHE ED UTILIZZO:
la dispersione è 0,280; come inclusione orientata è responsabile del fenomeno dell'asterismo in alcune pietre preziose ed è ovviamente protagonista del quarzo rutilato (inclusioni di rutilo nel quarzo che ne aumentano il valore commerciale). Dal rutilo si estrae molto titanio, elemento di fondamentale importanza nell'industria moderna, in quanto viene impiegato in leghe speciali (ne migliora la resistenza), vernici ed abrasivi. Commercializzato come gemma con taglio a brillante (per farne risaltare la lucentezza), è molto stimato anche dai collezionisti di minerali. Il rutilo sintetico viene venduto col nome commerciale di titania COMMENTO: dall'abito, dalla lucentezza e dalla durezza si può facilmente riconoscere il rutilo. Personalmente trovo incantevoli le inclusioni di rutilo nel quarzo (certi campioni sono veramente stupendi); molto apprezzabili sono pure le inclusioni orientate nei corindoni (visibili al microscopio ottico, con intersezioni a 120° producono il caratteristico "effetto seta") responsabili dell'asterismo


TORMALINA - TOURMALINE 


Scheda scientifica TORMALINA - TOURMALINE

(Na,Li,Ca)(Mn,Mg,Fe,Al,Ti,Cr)9[(Oh,F)4(BO3)3Si6O18]

CLASSE MINERALOGICA: silicati
GRUPPO:
borosilicati complessi di alluminio, nei quali possono coesistere o sostituirsi i metalli alcalini
SISTEMA:
romboedrico
ABITO:
prismatico
DUREZZA:
7-7,5
PESO SPECIFICO:
3,00-3,26
INDICE DI RIFRAZIONE:
1,620-1,640 (birifrangenza 0,020)
COLORE:
tutti
LUCENTEZZA:
vitrea
TRASPARENZA:
trasparente, traslucido o opaco
SFALDATURA:
assente
STRISCIO:
polvere bianca
FRATTURA:
concoide, irregolare e fragile
GENESI:
le tormaline sono minerali di origine pneumatolitica, diffusi nelle rocce abissali ricche di silice e si trovano principalmente nelle pegmatiti, associate a quarzo, feldspato, topazio, berillo e spodumene. I cristalli, prismatici, sono solitamente striati: il chimismo può variare in seno allo stesso cristallo, che può risultare policromo nel senso della lunghezza o dall'interno verso l'esterno.
PLEOCROISMO:
a volte forte, di intensità differente a seconda della varietà
FLUORESCENZA:
assente
GIACIMENTI:
bellissimi cristalli policromi provengono dalle pegmatiti del Madagascar. Magnifici sono pure i cristalli che si rinvengono a Pala, in California, nello stato di Minas Gerais in Brasile, nelle alluvioni gemmifere dello Sri Lanka e negli Urali (Russia). In Italia splendidi cristalli policromi sono stati trovati nelle druse dei graniti dell'Isola d'Elba. Molto apprezzati sul mercato sono i cristalli di tormalina, anche di grosse dimensioni, provenienti dall' Afghanistan. Eccezionali cristalli da taglio sono stati recentemente rinvenuti in Nigeria e Mozambico.
DESCRIZIONE:
famiglia mineralogica chimicamente complessa; presenta varietà usabili come gemme molto pregiate e che si rinvengono anche in cristalli di eccezionali dimensioni. Le varietà gemmologiche più note sono:

Rubellite di colore roseo o rosso-rubino
Indicolite di colore blu-verdastro
Tormalina Paraiba di colore blu-verde neon
Tormalina Blu
Tormalina Gialla
Tormalina Verde
Tormalina Mulicolor


I cristalli si riconoscono grazie all'abito, alla durezza e alle striature esterne.
ALTRE CARATTERISTICHE ED UTILIZZO:
oltre che in gemmologia il minerale, per le sue proprietà piezoelettriche, viene utilizzato in campo tecnico per misurare pressioni elevate e per determinare la frequenza di tensioni elettriche oscillanti. COMMENTO: la tormalina è uno dei minerali più apprezzati sia dai collezionisti che da orafi e gioiellieri quando si incontra in qualità da taglio. Le dimensioni dei cristalli (anche di alcune decine di centimetri), la ricchezza dei colori (esistono tormaline di intense colorazioni verdi, rosa, rosso, blu etc., a volte anche presenti all'interno dello stesso cristallo) e la possibilità di rinvenire campioni di eccezionale trasparenza hanno agevolato la diffusione di questo minerale tra gli appassionati.

sabato 11 maggio 2013

Grafene e relatività

Hanno lavorato sul grafene, cioè su fogli di carbonio puro, dello spessore di un solo atomo, dove gli elettroni corrono 100 volte più veloci che nel silicio.

giovedì 9 maggio 2013

Grafene e Marmo.... "Collasso Atomico"


In un nucleo atomico superpesante, un elettrone può spiraleggiare lungo una traiettoria semi-classica verso il nucleo, con la contemporanea emissione di un positrone.

martedì 30 aprile 2013

NO SMOG


L’inquinamento causa l’aterosclerosi: il rischio di infarto e ictus cresce con l’esposizione ai Pm2,5


sabato 27 aprile 2013

La storia dell'antimateria

«Così l’Italia lavorò al raggio che crea energia dal nulla». Mussolini lo voleva, il Vaticano lo bloccò. Da quelle ricerche altri scienziati crearono l’alternativa a petrolio e nucleare. Nel 1999 l’invenzione stava per essere messa sul mercato, ma poi tutto fu insabbiato.

lunedì 23 gennaio 2012