La
fusione fredda di cui ampie notizie sono venute in senso negativo dalla
stampa, in questi ultimi anni e' considerata una conseguenza della
esistenza di fenomeni di coerenza..
La importanza del fatto non può essere
sottovalutata ora giacchè la stessa fusione fredda è entrata nei
programmi di ricerca nazionali ed internazionali non più semiclandestini
ed ora anche prestigiosi giornali scientifici cominciano a far
conoscere alcuni risultati.
Nello scrivere un articolo sulla fusione fredda per gli studenti molti problemi si pongono:
-
la materia è tra le più complesse dal punto di vista chimico fisico
-
è vista come lontana dalla cultura e dalla pratica medica
-
esistono poche esperienze importanti e ben variegate come per tutte le novità
Per tentare di risolvere queste
difficoltà ho pensato utile ricorrere al contributo di personalità
impegnate in questa nuova materia ai quali ho chiesto il loro punto di
vista (in alcuni casi già brillantemente pubblicato e quindi citato come
per il caso di Franco Scaramuzzi pioniere della Fusione Fredda in
Italia).
La coerenza
In primis la Coerenza tema da cui sembra
emergere la Fusione Fredda è che è stato al centro di un lungo e
appassionato convegno all’Università "La Sapienza" di Roma il 12 e 13
febbraio 2004.
Abbiamo chiesto a Gianni Degli Antoni
Ordinario di informatica all’Università di Milano quale è oggi il
significato della Coerenza. Nel suo stile aforistico ci ha risposto:
"Coerenza? Chiacchiere?
Coerenza.. un termine usato ed abusato
.. in molti campi.. Nello studio del comportamento.. nella cultura..
nella politica.. nella biologia.. nello studio dei materiali.. nel
comportamento dei solidi.. nelle molecole.. nei nano materiali.. nello
studio della fisica fondamentale nello studio dell' universo.. nell'
arte.. nella teologia..
Una indagine puramente empirica non può
trascurare un fenomeno emergente... proprio la comparsa di numerosi e
distinti studi più o meno ben giustificati dello studio di una entità
chiamata "coerenza".
Non pochi ne discutono il valore.. alcuni lo sostengono.
È un concetto provvisorio? Per
distinguere solo gruppi di interesse? Per distinguere concetti realmente
ben fondati? Esiste una solida teoria per la identità di quel concetto?
Che rapporto ha la coerenza con tutti gli altri concetti? E che ne è
della esistenza di strutture coerenti? La conoscenza sulle strutture
coerenti precede o segue la attività di concettualizzazione di uno
spaccato del reale attraverso teorie ed osservazioni?
E cosa può dirci la matematica su questo concetto? Cosa si può dire sulla nascita e sulla vita di strutture coerenti?
Ciascuna delle nozioni richiamate ha
certo un qualche esistenza.. nel mondo dalla realtà.. e delle
osservazioni..e della teoria..
Istanze o fatti-specie distinte .. solo
analogicamente riconducibili una all' altra o istanze di una unica
grandiosa teoria della coerenza.. nel senso che Giuliano Preparata si
apprestava a realizzare?
La risposta è difficile.. ma le domande
sono lecite.. E' lecito accorgersi che i cristalli esistono e certo
sono strutture fisiche coerenti.. Ma è anche lecito chiedersi.. Tutto
li? La risposta è nelle ormai numerose evidenze di fenomeni che non
potevano essere neppure immaginati senza una epistemologia della
coerenza che trascende ciò che si può trovare in superficie..
Così la enorme portata della evidenza
della caratterizzazioni coerenti di certi materiali biologici in stati
distinti (patologici e non..) dovuta a Clarbruno Vedruccio spalanca la
porta ad un nuovo modo di osservare la realtà.
In questo modo la coerenza non può che
precedere molte formulazioni.. la stessa assiomatizzazione forse trova
una nuova forma di espressione con cui bisogna fare i conti.. Le
strutture coerenti sono certo molte.. ma e' come trovare aghi sottili
multidimensionali in un pagliaio.. La matematica ci aiuta descriverle
..quelle strutture .. dopo che le abbiamo trovate.. ma se non sappiamo
che lo sono .. non possiamo trovarle.. sono troppo deboli le
argomentazioni.. Ma ciò che e' ancora più interessante e' che.. se si
capisce .. forse e' molto facile riconoscere le. Forse ci vuole quasi
una fede.. Ma fede e' necessaria assai di più di quanto non si pensi..
La rigidità dei corpi .. sosteneva Giuliano Preparata non e' spiegabile
se non in termini di coerenza. Da questo punto di vista la accettazione
supina che i corpi siano rigidi e' corretta e sembra non richiedere
spiegazioni.. E' come se accettassimo la superconduttività senza
spiegazioni.. i due fenomeni sono assai più vicini di quanto si pensi..
Dunque senza un pò di fede neppure una
sedia si può trovare.. e non si può trovare la sedia su cui le nostre
conoscenze si appoggiano.. Sedia che si costruisce grazie alla
infinita curiosità di Giuliano Preparata e di molti altri che..
anche indipendentemente.. lavorano nella stessa direzione per la
nascita un nuovo ago coerente: il pensiero sulla coerenza. nella teoria e
nella pratica."
Attività in ambito industriale - un esempio italiano
Nonostante lo scetticismo predominante
nella comunità scientifica, alcuni centri di ricerca indipendenti
(soprattutto in Giappone e negli USA) ed un piccolo numero di aziende
private continuano a svolgere un’attività di scouting e di presidio in
questo settore.
È interessante a questo riguardo citare
l’atteggiamento verso il problema della Fusione Fredda di una delle
principali industrie italiane (Gruppo Pirelli), che presso il suo centro
studi Pirelli Labs S.p.A. prosegue un piccolo progetto di
investigazione e verifica su tali fenomenologie.
Come illustrato dal Direttore del Centro
di Ricerca Avanzata (Ing. Flavio Fontana), in un recente convegno sulla
Coerenza tenuto alla Università "La Sapienza" di Roma, presso il piano
di lavoro di Pirelli è stato inizialmente orientato a replicare alcune
prove condotte dal compianto Prof. G.Preparata e basate sulla tecnologia
delle celle elettrolitiche.
Uno dei punti fondamentali per Pirelli
Labs è l’esecuzione di prove calorimetriche mediante apparati di misura
in grado di determinare la quantità di calore dissipata nella cella
partendo da misure di temperatura e di flusso, che non richiedono la
stima di coefficienti di scambio termico della cella, la cui valutazione
è spesso fonte di incertezza.
Una campagna di circa un centinaio di
prove, condotta negli anni ’97-’98, ha evidenziato un andamento
altalenante ed erratico del processo; è stato tuttavia possibile
identificare, nei casi in cui le celle hanno prodotto calore in eccesso,
che la quantità di quest’ultimo è nettamente al di sopra delle
incertezze sperimentali dell’apparato calorimetrico, ancorchè il
"guadagno" energetico resti modesto in valore assoluto (5-12%). I
grafici mostrano la determinazione di calore in eccesso in esperimenti
condotti presso Pirelli Labs. La traccia più frastagliata è il calore
generato nella cella, mentre quella più regolare è la potenza immessa.
Mentre in una soluzione basata su acqua leggere e sali non deuterati il
calore generato non supera mai la potenza applicata alla cella, in
presenza di acqua pesante si hanno modesti eccessi di calore,
soprattutto ad alta potenza.
La mancanza di ripetibilità è ovviamente
un fattore molto negativo per un laboratorio industriale che, a
differenza di un centro di ricerca di base, è necessariamente orientato a
favorire linee di R&D suscettibili di rapido trasferimento alle
applicazioni. Pirelli Labs ha quindi deciso di sospendere
temporaneamente queste misure per cercare di comprendere se parametri
fisici diversi dal calore potessero fornire indizi di " ad alto
caricamento, il?una possibile transizione alla ormai famosa "fase cui
instaurarsi sembra necessario per l’avvio del fenomeno di Fusione
Fredda. Accurati studi dell’andamento della capacità termica e del
coefficiente termico di resistività di fili di Pd caricati con deuterio
hanno confermato una netta rottura nell’andamento di tali proprietà in
corrispondenza dei valori di caricamento in cui la fase coerente
comincerebbe ad esistere.
Altre prove, attualmente in fase di
definizione, sfrutteranno le conoscenze ottenute da questi ultimi
esperimenti per replicare in modo più accurato il test calorimetrico;
verranno altresì eseguite verifiche per determinare la presenza di
eventuali "ceneri" nucleari derivate dai processi atipici avvenuti nel
Palladio.
Cosa cambia nella Fisica?
Per comprendere queste dinamiche Franco
Scaramuzzi pioniere della Fusione Fredda in Italia ha scritto per la
Rivista la Termotecnica un’ampia revisione che per la sua efficacia
comunicativa in un campo così complesso ritengo opportuno citare
estesamente.
"Per cominciare, che cosa è la fusione?
In tema di energia nucleare, abbiamo più familiarità con la fissione,
che consiste nella scissione di un nucleo pesante (ad esempio, l’uranio)
con produzione di energia: i reattori nucleari, tanto impopolari dopo
Chernobyl, ma ancora numerosi in tante nazioni, si basano su questo
concetto. Ma la fisica nucleare insegna che, così come si ottiene
energia spaccando un nucleo pesante, se ne ottiene anche unendo, cioè
fondendo, due nuclei leggeri: di qui il termine fusione. I nuclei più
studiati sono gli isotopi dell’idrogeno: quello di massa due, detto
deuterio, e quello di massa tre, chiamato trizio. Il guaio della fusione
è che, almeno per applicazioni pratiche, è ben più difficile da
realizzare della fissione. Infatti finora l’uomo c’è riuscito soltanto
in un’impresa di cui non può certo andare orgoglioso: la bomba H. Gli
sforzi per ottenere con la fusione energia controllabile e quindi
utilizzabile per fini pacifici sono tuttora in corso: essi sono
giustificati anche dalla minor pericolosità degli eventuali futuri
reattori e dalla illimitata disponibilità di combustibile. Queste
ricerche rappresentano una grande speranza per l’umanità, ma la méta di
un reattore "commerciale", che riesca cioè a competere con le altre
fonti di energia, è ancora molto lontana.
Perché la fusione è difficile? Perché
per ottenerla bisogna far in modo che due nuclei, ad esempio due deutoni
(nome breve per nuclei di deuterio), si avvicinino moltissimo: quando
questo succede, la forza ‘nucleare’, che è attrattiva, ha la meglio su
quella elettromagnetica, che è repulsiva, avendo i due deutoni carica
elettrica dello stesso segno. I due deutoni, sotto l’azione della forza
nucleare, si fondono e formano un nucleo di 4He (elio di
massa 4), che possiede una enorme energia (24 MeV) (vedi Formula La
reazione di fusione tra due nuclei di deuterio. Il nucleo di 4He
creato con la fusione subisce un’altra trasformazione: nella quasi
totalità dei casi si spacca in due componenti, secondo due schemi
diversi. In parentesi sono riportate le probabilità delle varie
soluzioni).
Di solito, il nucleo di elio non
sopravvive, proprio a causa della eccessiva energia, e si spacca
prevalentemente in uno di due modi diversi: in un caso produce un
neutrone (n), cioè una particella senza carica, e un nucleo di 3He (elio di massa 3), nell’altro un protone (p), cioè un nucleo di idrogeno, e un nucleo di trizio, (3H).
Le due soluzioni hanno circa la stessa probabilità, e le particelle
sunnominate portano con sé quell’energia che si vuole poi utilizzare in
pratica.
Esiste anche un altro canale, riportato
nell’ultima riga della formula. Il nucleo di He emette un raggio g da 24
MeV e resta immutato. Questo evento ha una probabilità molto bassa.
Come fare allora a far avvicinare i due
deutoni? L’idea alla base della ricerca più diffusa nel mondo, la stessa
che è alla base della bomba H, va sotto il nome di fusione
termonucleare. Il concetto è semplice: se si riesce a dare ai deutoni
tanta energia cinetica, occasionalmente essi si scontreranno
frontalmente e quell’energia permetterà loro di superare la barriera
repulsiva di cui sì è parlato prima, e quindi di fondere. Ma come si fa a
dare tanta energia ai deutoni? La termodinamica insegna che la
temperatura di un corpo è la misura dell’energia cinetica media delle
molecole che lo costituiscono. Allora basta "scaldare" i deutoni: di qui
il termine "termonucleare". Questo viene fatto in due modi diversi, che
vanno sotto il nome di "Confinamento Magnetico" e "Confinamento
Inerziale". Ma non entreremo nei dettagli: ricordiamo solo che la
probabilità che la fusione avvenga è una funzione crescente della
temperatura e che le temperature interessanti ai fini di applicazioni
pratiche sono molto alte, dell’ordine di cento milioni di gradi. E’
opportuno precisare qui che nelle ricerche sulla fusione termonucleare,
nonché nella bomba H, la reazione preferita è un'altra: quella tra un
deutone e un tritone, cioè un nucleo di trizio. Negli esperimenti che
descriveremo prevale invece la reazione tra due deutoni, come detto
sopra. Per semplicità, continueremo a parlare di quest’ultima reazione,
senza alcuna perdita di generalità.
Fusione Fredda
Questa esigenza di riscaldare i deutoni a
temperature tanto alte ha fatto sì che si parlasse di FF quando due
chimici, uno inglese e l’altro americano, i professori Martin
Fleischmann e Stanley Pons (F&P), nel marzo 1989 dichiararono di
essere riusciti a produrre la fusione di due deutoni in un semplice
esperimento di laboratorio e a temperatura ambiente. I due ricercatori,
che effettuarono i loro esperimenti all’Università dello Utah, a Salt
Lake City, negli USA, usavano una tecnica molto diffusa, della quale
entrambi erano molto esperti: l’elettrolisi. In particolare, nel loro
esperimento l’elettrolisi era effettuata in una soluzione a base di
acqua pesante, cioè acqua nella quale gli atomi di IDROGENO sono sostituiti da atomi di deuterio, e utilizzando un catodo di palladio (Pd). Nell’elettrolisi la MOLECOLA di acqua pesante, D2O,
si scinde in due parti, D+, carica positivamente, e DO-, carica
negativamente. Il campo elettrico applicato alla cella elettrolitica
spinge il radicale DO- verso l’anodo e lo ione di deuterio D+ verso il
catodo. Gli ioni D+ penetrano nel catodo di Pd e trovano una
collocazione nel suo reticolo cristallino: sembra che l’elettrolisi sia
il mezzo più efficace per ottenere elevate densità di questi "ospiti"
del reticolo, raggiungendo, ed anche superando, il numero di atomi di Pd
(tecnicamente si dice che il rapporto D/Pd raggiunge e supera il valore
1). Quello che F&P mettevano in evidenza nel loro esperimento era
la produzione di calore, in misura tale da non poter essere giustificata
da reazioni chimiche, e pertanto attribuita a una reazione nucleare: in
particolare, si suggeriva la reazione tra due deutoni sopra accennata.
Nell’esperimento non venivano emessi i neutroni previsti dal meccanismo
sopra descritto (i neutroni sono, tra le 4 particelle terminali della
formula, i più facili da rivelare, perché passano attraverso le pareti
dei recipienti; essi sono pertanto l’elemento distintivo di una reazione
tradizionale di fusione tra due deutoni)*.
Questo semplice esperimento scatenò
inizialmente un grandissimo interesse, e spinse numerosi scienziati a
ripeterlo. La maggior parte dei tentativi ebbero esito negativo, e in
pochissimo tempo il mondo della scienza si divise in due campi
contrapposti. Da un lato, coloro che non erano riusciti a ritrovare i
risultati di F&P ne negavano la validità e contestavano le loro
conclusioni, forti anche della apparente violazione di leggi ben note.
Dall’altro, i pochi che avevano risultati positivi difendevano questa
nuova linea di ricerca. Nel giro di pochi mesi la comunità scientifica
ufficiale bocciò la FF, considerata scienza non vera. In questi 13 anni
la situazione non è molto migliorata, nel senso che i sostenitori hanno
continuato, ancorché con mezzi modesti, a portare avanti le loro
ricerche, con innegabili progressi, e la comunità scientifica ha
perseverato nel suo scetticismo. Mi sembra importante capire le ragioni
di questa situazione. Ritengo che due elementi siano alla base del
dissidio. Il primo è la scarsa riproducibilità degli esperimenti di FF.
Il secondo è il presunto scostamento dalle leggi della fisica nucleare.
Proviamo ad esaminarli.
Fisica Nucleare
Un collega e amico americano ha
descritto in un brillante articolo, già citato prima, gli inizi della
fusione fredda. Ad un certo punto, egli racconta di aver incontrato,
subito dopo la conferenza stampa di F&P, un collega esperto di
fisica nucleare e di avergli chiesto che cosa ne pensasse. La risposta
lapidaria fu: "se fosse vero, sarebbero morti tutti e due". Un fisico
nucleare non riusciva a concepire la reazione di fusione tra due deutoni
senza l’emissione di neutroni indicata in Fig.1. Facendo un po’ di
conti sulle quantità di calore prodotte, ne veniva un flusso di neutroni
così intenso da essere letale. La mancata emissione di neutroni è una
delle apparenti incongruenze dei risultati di F&P. Un’altra critica,
sempre basata sulle conoscenze esistenti, venne da un tentativo di
valutare la probabilità di un evento di fusione a temperatura ambiente,
estrapolandolo dai dati a temperature assai elevate. Qualsiasi calcolo
portava alla sostanziale impossibilità di realizzare una reazione di
fusione. Queste considerazioni, sommate alla scarsa riproducibilità,
hanno contribuito alla divisione nel mondo della scienza sul tema della
FF.
Ma vediamo ora come vengono interpretati
i risultati dal punto di vista dei sostenitori della FF. Si afferma
che, poiché la reazione avviene all’interno del reticolo cristallino di
un metallo, non ci si deve aspettare che le regole stabilite nel vuoto e
per alte energie (tra cui quelle della formula precedente) debbano
essere rispettate: si può immaginare che la presenza degli atomi di
palladio, organizzati in un reticolo cristallino, riesca ad influenzare
le modalità della reazione. In particolare, si può ipotizzare che si
abbia un enorme aumento della probabilità di fusione, e che inoltre lo
schema della formula non sia rispettato: le due reazioni che portano
alle ben note 4 particelle diventano poco probabili, e il nucleo di 4He
riesce a cedere la sua enorme energia al metallo sotto forma di calore,
quel calore in eccesso che viene misurato. Se le cose stanno così, il
nucleo di 4He, spogliato della sua energia, non ha più alcuna ragione di
spaccarsi e conserva la sua identità: quindi, è corretto non avere
emissione di neutroni.
La conseguenza immediata di questa ipotesi è che la "cenere nucleare" di questo processo sia proprio lo 4He,
e che il suo ritrovamento sia una prova convincente della realtà della
fusione tra due deutoni. Questo è stato uno dei più diffusi temi di
ricerca sulla FF negli ultimi anni. La rivelazione di piccole quantità
di 4He presenta molte difficoltà: il fatto che la massa dell’4He sia quasi uguale a quella del D2 impone l’uso di spettrometri di massa ad alta risoluzione; la presenza di 4He nell’atmosfera (all’incirca 5 parti per milione) giustifica sospetti di "INQUINAMENTO
atmosferico" quando si ha a che fare con quantità molto piccole.
Ciononostante, ci sono state numerose evidenze della presenza di 4He
in concomitanza con la produzione di calore in eccesso. Un risultato
ottenuto di recente dal Gruppo ENEA di Frascati merita di essere
ricordato: in esso sono stati messi in evidenza nello stesso esperimento
un elevato rapporto D/Pd (>1), la produzione di calore in eccesso e
la produzione di 4He.
L’interpretazione citata sopra non
riusciva a vincere lo scetticismo diffuso: si obiettava che non è
pensabile che la struttura atomica possa influenzare una reazione
nucleare, caratterizzata da tempi e spazi di gran lunga più piccoli. Ma
già nel 1989 un gruppo, guidato da Giuliano Preparata, aveva proposto
una teoria molto affascinante che superava questa obiezione: essa
ipotizzava una interazione collettiva e coerente di tutti gli "attori"
del fenomeno (ioni di Pd e di D, elettroni). In essa si prevedeva tra
l’altro l’esistenza di una soglia per il rapporto D/Pd (>1),
che doveva essere raggiunta perché si verificassero fenomeni di FF:
questa condizione è stata poi dimostrata sperimentalmente in molte
occasioni. L’idea base di Preparata è l’applicazione della
elettrodinamica quantistica alla materia condensata: questo è stato il
filo conduttore del libro da lui scritto, dal suggestivo titolo "QED
Coherence in Matter", che tocca anche molti altri campi della fisica.
Beninteso, sono state proposte numerose altre teorie per spiegare i
fenomeni della FF.
Trasmutazioni
Accanto agli esperimenti "alla F&P" ,
ne esistono di molti altri tipi. Ritengo che meritino di essere citati
quelli che vanno sotto il nome di "trasmutazioni". Da parecchi anni
vengono presentati esperimenti nei quali un confronto tra i nuclei
presenti in un campione prima che interagisca con un isotopo
dell’idrogeno e quelli che si trovano dopo l’interazione mostrerebbe
un’evidenza di trasformazioni nucleari: ad esempio, l’apparizione di
nuclei che prima erano assenti, oppure la modifica del rapporto
isotopico di un tipo di nucleo. Nel passato c’è stato parecchio
scetticismo su questi risultati, anche nel mondo della FF. Ma
recentemente le evidenze sperimentali sono diventate sempre più
convincenti. Qui di seguito riporterò un dato della ricerca di un gruppo
giapponese, guidato dal Dr. Iwamura, descritta in un articolo apparso
di recente, che ho apprezzato per la cura nello svolgimento delle misure
e nella presentazione dei risultati. Citerò solo un tipo di
esperimento, che ha anche la virtù di essere stato ripetuto più volte
con lo stesso esito. In esso deuterio in forma gassosa attraversa un
campione costituito da una successione di strati di CaO e Pd, a cui
viene aggiunto un sottile strato di cesio. La composizione alla
superficie di questo strato viene analizzata in funzione del tempo,
durante l’ESPOSIZIONE al flusso di D2, mediante XPS (X-ray Photoelectron Spectroscopy).
Nella figura sottostante viene riportato
il risultato di questa analisi per due delle prove effettuate (altre 4
prove hanno dato risultati simili). Si può notare che il numero di
nuclei di cesio (Cs) diminuisce nel tempo, mentre compaiono nuclei di
praseodimio (Pr) prima inesistenti, che aumentano di numero nel tempo.
Sono stati fatti convincenti controlli. In particolare, il fenomeno non
si verifica:
-
se sono assenti gli strati di CaO;
-
se si usa H2 invece di D2.
Gli autori non danno interpretazioni, ma
fanno notare che, nel passaggio da cesio a praseodimio c’è un aumento
di un multiplo di 4 unità sia per la massa atomica (da 133 a 141), che
per il numero atomico (da 55 a 59). Nello stesso articolo viene
presentato un risultato simile per i nuclei di stronzio (Sr) e molibdeno
(Mo).
Mi sembra che questi risultati debbano
far pensare. In prima istanza, si è tentati di bollare esperimenti di
questo tipo coll’etichetta dispregiativa di "alchimia". Resta però il
fatto che, nell’esempio citato, si tratta di dati chiari e
riproducibili. Sembra di poter concludere che la fusione tra due deutoni
sia solo una delle tante possibili reazioni nucleari che vengono
favorite dal fatto di aver luogo all’interno della materia condensata.
Nell’ultima conferenza internazionale sulla fusione fredda (ICCF9), che
si è tenuta a Pechino (Cina) lo scorso maggio, è stata proposta la
realizzazione di una rivista scientifica internazionale dal titolo
suggestivo: "Condensed Matter Nuclear Science". Non è detto che si
riesca a farla decollare, ma il fatto è comunque indicativo di una
interessante evoluzione di questa disciplina.
Conclusioni
Si possono trarre alcuni insegnamenti da
quanto esposto. Per cominciare sembra innegabile l’esistenza di
fenomeni nucleari all’interno della materia condensata. Il loro
interesse scientifico è sicuramente grandissimo: sembra che si prospetti
l’inizio di un nuovo capitolo della fisica. Ma non è escluso che queste
ricerche possano avere ricadute applicative molto interessanti. In
particolare, tornando alla fusione tra due deutoni, si tratta
sicuramente della forma di energia nucleare più pulita che si sia mai
prodotta: non ci sono nemmeno i neutroni della fusione termonucleare.
Non è affatto detto che si riesca a realizzare una fonte di energia
praticabile, ma non è nemmeno escluso. Nel momento attuale, con la
consapevolezza dei danni crescenti dell’EFFETTO SERRA,
è pensabile che il mondo scientifico abbia il dovere di investigare con
impegno e senza pregiudizi tutte le strade che possano portare a una
soluzione del problema energetico, e quindi anche quella della FF".
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