VERSO
IL NUCLEARE
PULITO
video in fondo
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Scoperta e sfruttamento delle reazioni nucleari ultrasoniche
Quello che ho ricavato dall’incontro con il Prof. Cardone è stupore.
Spero di riuscire a trasmetterne un pochino a chi si avventurerà tra queste righe. E soprattutto spero che tutti, secondo la propria cultura e sensibilità, contribuiscano a diffondere, anche contestandolo, quello che proverò a comunicare; il net è popolato da santi e ladri ma ha il pregio/difetto di non poter essere “inquisito” troppo facilmente. Confido in questo aspetto. Uno dei più grandi rischi che corre questa nuova scoperta proviene infatti dalla censura mediatica che come sappiamo è sempre sotto il controllo di quella economica e/o di regime.
Cerco di riportare con la massima fedeltà possibile quanto il prof. Cardone mi ha autorizzato a riferire e che è contenuto nella pubblicazione che dà il titolo al post.
Premessa
Nel 1989 venne osservato un fenomeno fisico particolare cui fu successivamente attribuito il termine di sono-luminescenza. Sconcertava il fatto che dei liquidi, sottoposti a una pressione sonora, diventavano emettitori di luce. La luce in fondo è una forma di energia, onde o radiazione elettromagnetica. Furono avanzate molte ipotesi su come potesse trovare spiegazione il fenomeno. Ci si concentrava perlopiù sulla pressione sonora esercitata sui liquidi, ma ci si rese ben presto conto che il cuore del fenomeno risiedeva nella cavitazione.
Cos’è la cavitazione?
Le bolle di gas disciolte nei liquidi e sottoposte a pressioni sufficienti a comprometterne l’equilibrio interno, si comportano in modo opposto a quanto farebbe una bolla di sapone che galleggia in aria: invece di esplodere, implodono. Le pale dell’elica di un natante presentano infatti una serie di abrasioni e usura caratteristici provocati proprio dall’implosione di queste micro bolle gassose in prossimità del metallo di cui l’elica è costituita. La pressione esercitata dal movimento dell’elica, è quindi la causa sufficiente a provocare le micro implosioni. Ci si accorse che queste erano tanto piccole e di così breve durata da concentrare un'impressionante quantità di energia in uno spazio infinitesimo. Gli ultrasuoni in particolare riuscivano poi a causare il collasso delle bolle disciolte in acqua a temperatura e pressione ambientali. Stupiva inoltre il particolare che le bolle sottoposte a pressione ultrasonica, trasformavano spontaneamente l’onda di pressione in onda d’urto. Si apriva la strada delle misurazioni: la via prediletta di ogni empirista.
Osservando la quantità di luce emessa nei liquidi sollecitati dagli ultrasuoni, si iniziò a stimare la temperatura raggiunta nei microscopici spazi prossimi alle piccolissime onde d’urto: Migliaia, centinaia di migliaia e infine milioni di gradi. Erano temperature ovviamente confinate a spazi infinitesimali, ma comunque sufficienti ad obbligare gli atomi disciolti nel liquido a liberare luce grazie al rilascio dei componenti dei quali sono costituiti. L’idea che le bolle potessero dar luogo ad una serie interminabile di piccolissime onde d’urto in modo da innescare una reazione a catena, fu raggiunta con estrema rapidità. Certo era necessario che le bolle contenessero gas utili a provocare una reazione nucleare quando fossero state sottoposte a cavitazione. Si provarono così varie miscele di deuterio e acqua pesante con alterne fortune, perlopiù affidate al "vediamo che succede se"…. Inziò quindi la fase analitica nel corso della quale si fece strada una nuova terminologia per identificare il fenomeno: reazioni piezonucleari.
Non stupisce che i primi enti a finanziare la ricerca sistematica in questo nuovo campo della fisica fossero il ministero della difesa e quello per l’energia degli Stati Uniti d’America.
Le indagini si svilupparono durante i periodi 1992-1998 e 1999-2002. Nel densissimo volumetto del Prof. Cardone “VERSO IL NUCLEARE PULITO – scoperta e sfruttamento delle reazioni nucleari ultrasoniche” è contenuto un sintetico riepilogo degli sviluppi di queste ricerche, che così conclude:
…Nei successivi esperimenti condotti all’Università Perdue, Taleyarkhan finalmente decise di rinunziare agli impulsi di neutroni dall’esterno ed in più decise di cambiare liquido tornando all’acqua pesante. Purtroppo non riuscì a rinunciare alle radiazioni per catalizzare la produzione delle bolle, e mescolò all’acqua un composto di uranio radioattivo, nitrato di uranile, scatenando successivamente le solite polemiche sterili ma questa volta più violente, col noto risultato che dalle polemiche tra scienziati l’unica a rimetterci è la scienza. Infatti come si può pensare che venga prodotta energia nucleare con gli ultrasuoni se comunque si usa uranio? … … Continuò peraltro a rimanere l’incognita dei raggi gamma, che non era chiaro se venissero o meno prodotti ed eventualmente in che entità, questo rimase una sorta di mistero irrisolto che continuò ad aleggiare su tutti gli esperimenti. In effetti questi esperimenti lasciarono tutti con una sola domanda, se la pressione sotto forma di onda di pressione, onda d’urto o collasso da cavitazione, potesse o meno produrre o catalizzare reazioni nucleari, e se si, di che tipo? Nuove o note?
LA RICERCA ITALIANA
I metodi e gli approcci di casa nostra ci distinguono enormemente da quelli americani o anche tedeschi del secolo scorso. Il prof Cardone sostiene che …”bisogna pensare prima di agire, ma senza troppi preconcetti o pregiudizi, consapevoli che la logica della natura non è quella umana, altrimenti la scienza sarebbe davvero troppo facile…”
LA GEOMETRIA
Gli studi teorici che intorno al 2003 precedettero gli esperimenti furono lungamente dibattuti in molti atenei (la Sapienza, Roma 3, l’Aquila, Perugia, Messina e Torino e ovviamente al CNR). Contribuirono a questi studi preliminari anche le Università di Danzica, Del Maryland, di Harvard, il politecnico di Boston (MIT) e i laboratori europei del CERN.
L’idea di partenza era che lo spazio attorno ai nuclei atomici non fosse piatto come un foglio di carta posato su un tavolo, ma che fosse possibile per le forze nucleari deformare lo spazio microscopicamente almeno entro certi limiti.
Questa ipotesi esposta sommariamente nel volume già citato ma molto più accuratamente in DEFORMED SPACE TIME (F. Cardone – R. Mignani Ed. Springer), costituì la base per una teoria estremamente complessa sia riguardo a come doveva deformarsi lo spazio (e il tempo!) sotto l’azione di forze sorprendentemente autonome come la radioattività e l’interazione nucleare, sia per come sarebbe dovuta essere realizzata una macchina sperimentale capace di tenerne conto. Nel volume sono puntualmente segnalati collaboratori, eventi e concetti che avrebbero portato al prototipo che fu poi realizzato e messo in funzione. Inoltre è opportunamente specificato come e perché si pensò al ferro come “combustibile” ideale da impiegare per le prove (materiale inerte tutt’altro che radioattivo).
Considerando la tavola degli elementi… tutti i nuclei a partire dal più piccolo, il Deuterio, fino al più grande, l’Uranio, sono ordinati secondo il valore crescente della loro energia di legame per componente. Tra i due estremi vi è il Ferro, che si trova circa a metà tra Deuterio e Uranio, inoltre il Ferro possiede il valore più alto dell’energia di legame per componente tra tutti i nuclei degli elementi, ed in più il Ferro è inerte, cioè non radioattivo. Per questa sua proprietà di avere l’energia di legame più alta, il ferro è il più svantaggiato per produrre energia nucleare ed anche il meno incline a farlo. Scherzando si può dire che il suo nucleo è… “duro come il ferro” e quindi sarebbe l’elemento meno opportuno da considerare, almeno secondo il buon senso, come avrebbe detto Fermi. Ma tutto questo in condizioni normali, ossia in un spazio piatto. Viceversa in uno spazio deformato dalle energie nucleari, il Ferro si trova in posizione avvantaggiata. Infatti se vi è una soglia di energia da raggiungere, che è al di sopra di tutte le energie di legame, il nucleo con l’energia più alta è quello più vicino, quello che a parità di potenza fornita la supera per primo fra gli altri nuclei e, cosa più importante, nel minor tempo… Questo è un ragionamento di estrema semplicità ed eleganza che riassume una serie di ragionamenti e calcoli alquanto complessi ed è dovuto al fisico italiano W. Perconti.
L’ESPERIENZA
Il progetto fu eseguito da un equipe di esperti con a capo il Prof. Cardone. Si trattò di un’efficientissima sinergia tra accademici ed esercito italiano.
Certo che esigere dal ferro un'emissione di energia nucleare, per giunta nell’arco ragionevole di poche decine di minuti sembrava essere quanto di più avventato si potesse pretendere. Con gli ultrasuoni poi…
…Per comprendere l’enormità della cosa si consideri il fatto che gli ultrasuoni agiscono sugli atomi che sono 100.000 volte più grandi del loro nucleo, invece il nucleo ha un’energia 100.000 volte più grande dell’atomo, da cui l’enorme disparità tra l’energia nucleare e quella chimica.
Eppure l’idea era quella che nello spazio deformato, in presenza quindi di una geometria deformata, si potesse cambiare una leva tragicamente svantaggiosa in spudoratamente vantaggiosa.
LA MACCHINA
Collaudato e realizzato dalle forze armate, il “cavitatore” (questo il nome assegnato all’apparecchiatura) presentava due punti di forza non considerati nei precedenti esperimenti americani e di Perugia: la separazione del “sonotrodo” dalla camera di reazione e un sistema di raffreddamento di nuova concezione.
Senza scendere in dettagli le proporzioni del sonotrodo e della camera di reazione dovevano avere una geometria estremamente precisa a causa delle dilatazioni termiche cui sarebbero state sottoposte. La cura estrema di questi aspetti (geometria e sistema di raffreddamento), avrebbero consentito il funzionamento a regime della macchina senza limiti di tempo.
La macchina funzionava in modo stabile. Emissione di ultrasuoni a 20Khz (20.000 oscillazioni per secondo) con un intensità di 100 watt.
Ora si trattava di scegliere il “combutibile”.
Si scelsero elementi ordinati per massa ed energia nucleare per componente del nucleo: Litio, Alluminio, Ferro. Sotto forma di cloruri per tutti e tre ma con in più il nitrato di ferro. Non ci si aspettava ovviamente alcuna emissione di neutroni da parte di litio e alluminio, ma dal ferro si. Quantità, proporzioni, dosaggi e quant’altro fosse necessario alla buona riuscita dell’esperienza era comunque previsto dalla teoria. Si trattava ora di scegliere un altro determinante componente per le verifiche: un rivelatore di neutroni efficiente. Si optò per il meglio: rivelatori termodinamici della canadese BTI.
Questi consentivano di bloccare, rendere visibili, contare e fotografare le bolle di un idrocarburo, immerso in una gelatina, e messo in ebollizione dall’energia dei neutroni. La spesa fu sostenuta con coraggio dalle forze armate.
Nonostante la notevole affidabilità dei termodinamici di verifica, nel 2005 si volle comunque dotare il sistema di un ulteriore strumento di rivelazione: lastre fotografiche di policarbonato (CR39) corrette al Boro.
Nel 2006 infine si aggiunse un rivelatore al trifluoro di Boro per la registrazione elettronica dei dati. Ciò avrebbe permesso il disegno di un grafico sulle emissioni di neutroni, la loro quantità e l’energia prodotti nell’arco dei 90’ di funzionamento della macchina.
ACCENSIONE..
Nei 90 minuti di durata dell’esperimento non fu misurata nessuna emissione di neutroni per quanto riguarda Litio e Alluminio.
Ma con il Ferro rimanemmo di sasso: primo esperimento e primo successo.
I controlli incrociati con i nostri tre sistemi di rivelazione cominciarono a dare in perfetto accordo segnali di attività nucleare (emissione di neutroni) dopo 50 minuti ca.
Nessuna presenza di radiazioni alfa e beta al di fuori della camera di reazione, né durante i 90 minuti della prova, né postuma a esperienza conclusa e macchina spenta. Nessuna presenza di radiazioni gamma in ogni condizione. Ulteriori comparazioni vennero effettuate con cloruro di Ferro e nitrato di Ferro, sempre con i medesimi risultati. La forma chimica non influenzava la produzione di neutroni, solo la presenza del ferro era determinante.
All’incremento delle quantità di ferro inserite nella camera di reazione corrispondeva un incremento del tempo necessario alla produzione di neutroni. Questo confermò definitivamente l'esistenza di un’inerzia e quindi di un campo di attesa nel processo di produzione delle reazioni piezonucleari mediante ultrasuoni e cavitazione.
Nel 2006 gli esperimenti vennero spostati da una sede dell’esercito italiano ai laboratori del CNR a Roma allo scopo di verificare la ripetibilità dei fenomeni: stessi identici risultati, stessa medesima assenza di radiazioni alfa, beta e gamma.
L’assenza di radiazioni gamma da noi riscontrata, fu campo di indagine approfondito anche di altri ricercatori: esperienze accurate usando spettrometri con cristallo di Ioduro di Sodio e Tallio, confermarono ulteriormente l’assenza di radiazioni gamma.
Fu a questo punto molto interessante quanto proposto dall’allora Presidente del CNR dopo aver supervisionato i risultati: la comparazione tra la nostra macchina a ultrasuoni e un reattore nucleare convenzionale ad Uranio (in dotazione al centro ENEA di Roma-Casaccia).
Anche questa fu una esperienza sorprendente.
UN’ALTRA SORPRESA
Ma come si sarebbe comportato un elemento che a differenza del ferro fosse stato radioattivo?
Con il Torio, un elemento moderatamente radioattivo, accadeva qualcosa di inatteso e sorprendente.
Vennero preparate soluzioni a bassissimo contenuto dell’isotopo Torio228. Questo è composto da 90 protoni e 138 neutroni e dato che è un esa-alfa emettitore emette 6 particelle alfa che formano su una lastra fotografica di policarbonato un’immagine come le dita di una mano aperta. La sua radiazione è quindi inconfondibile anche in mezzo ad altre radiazioni ambientali.
Il tempo naturale in cui la sua radiazione e il suo contenuto si dimezzano è di circa due anni.
Dei dodici campioni preparati 8 sarebbero stati sottoposti a cavitazione nella nostra macchina e gli altri 4 sarebbero serviti alla comparazione.
Al termine dell’esperienza i campioni cavitati furono sottoposti all’analisi con uno spettrometro di massa ad alta risoluzione (quadrupolare a settore magnetico) riscontrando che sia il contenuto che la radioattività risultavano esattamente dimezzati!!
La misurazione dei neutroni non aveva dato risultati significativi.
Cosa si doveva ritenere?
Che il torio sottoposto a cavitazione si era trasformato in un tempo 10.000 volte più rapido di come accade naturalmente, concludendo che questi era stato soggetto a reazioni piezo-nucleari che ne avevano alterato la natura facendogli superare la soglia di energia della forza radioattiva aldilà della quale anche la geometria di tale forza… non era più piatta.
Il caso del Ferro e del Torio potrebbero diventare emblematici di un altro fatto, che il superamento della soglia di deformazione è un po’ attraversare “lo specchio di Alice” per entrare in un luogo in cui il ferro inerte emette neutroni anche se è il più sfavorito a farlo, mentre il Torio radioattivo perde la sua radioattività in un tempo troppo breve producendo una situazione inerte….
NOTA!!!
QUESTA SCOPERTA E' PROPRIETA' DELLO STATO ITALIANO COME DA BREVETTI A TITOLARITA' 100% CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE (CNR)!!!
RIUSCIREMO MAI A BENEFICIARNE?
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CONCLUSIONE
Le prospettive sono molteplici e inimmaginabili. Si pensi soltanto alla possibilità di neutralizzare le attuali scorie radioattive delle centrali atomiche convenzionali. Per non parlare della quantità di energia ricavata dal ferro, un elemento presente in natura con proporzioni impressionanti rispetto al petrolio e incredibili in confronto all’uranio.
Il professor Cardone ha inserito nel suo piccolo ma scioccante volume (da cui prende il titolo il post) tutta una serie di importanti osservazioni circa lo sfruttamento di questi fenomeni, nonché una acuta disamina del panorama geopolitico ed economico contemporaneo.
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